RIVOGLIAMO IL NOSTRO FUTURO
Giovedì 23 u.s.
tutte le Associazioni di Categoria, ad eccezione di Confindustria, si sono
trovate a Mirandola per fare il punto ad un anno dal sisma. Era presente anche
una rappresentanza dei Comitati Popolari, anche perché condividiamo con le
Associazioni praticamente tutta la
parte fiscale delle nostre richieste. Ma non siamo saliti sulla pedana.
Sgombriamo il campo da polemiche: non c'è stato
impedito di parlare e noi non ne abbiamo fatto richiesta; semplicemente
riconosciamo il diritto ad ognuno di esprimersi come meglio crede ma, dopo
dodici mesi, quel clima tutto fiori, cuoricini e palloncini ci va un po'
stretto e, in quel contesto, la nostra voce è stata giudicata essere un po'
troppo fuori dal coro.
Comunque, per chi fosse curioso di sapere cosa avremmo
detto riportiamo, di seguito, quello che sarebbe stato il nostro (eventuale)
intervento.
"Ringraziamo
le associazioni di categoria per l’invito a partecipare e ci sentiamo di poter
dire di condividere totalmente il titolo in quanto anche noi, nei vari
comitati, abbiamo più volte espresso questa esigenza e questo concetto. RIVOGLIAMO IL
NOSTRO FUTURO.
Diciamo questo non per retorica ma perché non vogliamo
che una calamità naturale o delle risposte inadeguate disperdano, di colpo, i
risultati e le conquiste di tante donne e uomini che, in questa area avevano
costruito, col loro lavoro, le condizioni per un avvenire migliore.
Sappiamo che non è stato facile costruire quasi dal
nulla, e in assenza di una specifica legge nazionale, l'impianto normativo che
si occupasse della ricostruzione, ma riteniamo sbagliato aver impostato questo
impianto considerando gli emiliani dei potenziali truffatori che, senza un
controllo ed una burocrazia feroce, avrebbero basato sulla frode la
ricostruzione delle loro case e delle loro imprese.
E' offensivo nei confronti degli abitanti di una
delle regioni a più alta fedeltà fiscale.
E se questo atteggiamento potevamo aspettarcelo da
un Governo, come il Governo Monti, che ha trattato questo terremoto come un
fatto meramente ragionieristico, arrivando al punto che uno dei propri
rappresentanti potesse affermare che il terremoto in Emilia “fosse un lusso che
non potevamo permetterci”, ci saremmo aspettati una maggiore fermezza, anche
pubblica, nella difesa dei nostri diritti da parte dei nostri amministratori.
Ora, nel momento in cui bisognerà decidere dei futuri
assetti del territorio vorremmo che le osservazioni dei cittadini fossero
considerate come un contributo, prezioso, col quale confrontarsi e non una
critica da negare pregiudizialmente e, partendo da questo concetto, tutti i
Comitati Popolari sorti dopo il terremoto hanno collaborato a preparare un
documento in 17 punti che riteniamo essere fondamentali per la ripartenza del
nostro territorio e che riguardano la fiscalità , la salvaguardia del
territorio (assolutamente urgente vista anche la situazione precaria dei nostri
fiumi e del nostro Appennino), l'impianto normativo alla base della
ricostruzione, che riteniamo necessiti di una robusta semplificazione, e delle
non più rimandabili azioni in campo sociale viste le condizioni di difficoltà ,
provocate dal sisma, che si sono aggiunte a quelle già complesse in cui versa
tutto il Paese.
Questo documento è già stato sottoposto alla Regione e,
in questi giorni, abbiamo lanciato una raccolta di firme per supportarlo in
maniera più evidente e concreta.
Vorremmo che i nostri amministratori la smettessero di
raccontarci che va tutto bene, che non dobbiamo preoccuparci perché la
ricostruzione procede speditamente e che le problematiche e gli intoppi che
sottoponiamo alla loro attenzione sono solo delle eccezioni
- Come nel caso delle multe per il mancato pagamento
dell’IRAP arrivate con una velocità veramente notevole. Ci viene promesso che
saranno sospese, ma ad oggi non vi è nulla di ufficiale. Voglio qui ricordare
con forza che gli Emiliani non hanno pagato per sciopero fiscale, non hanno
pagato perché non hanno più i soldi.
- O come l’assenza di adeguate misure di sostegno al
reddito sia per coloro che hanno perso il lavoro per causa diretta o indiretta
del sisma che per chiunque non è assistito da ammortizzatori sociali, sia esso
lavoratore dipendente, imprenditore, professionista, commerciante o artigiano.
E’ l’unico mezzo per garantire una quotidianità dignitosa e una ripresa
efficace delle attività dopo un’interruzione forzata.
- O come per il vergognoso contratto di finanziamento
che il terremotato è costretto a firmare con la propria Banca per ottenere i
contributi. Si tratta di un vero e proprio mutuo venticinquennale che verrà
rimborsato tramite la cessione del credito d’imposta alla Banca, ma che dovrà
essere immediatamente rimborsato dal terremotato se nei 25 anni cambieranno le
norme od i regolamenti che hanno permesso di usufruire di detto credito
d’imposta. Una spada di Damocle che si trasferisce automaticamente agli
eventuali eredi od a chi volesse acquistare la casa, in solido ed in modo
indivisibile, vincolando sia il venditore che l’acquirente. Di fatto si tratta
di un onere peggiore di un’ipoteca perché non lo si potrà cancellare e che
mortificherà ulteriormente il valore degli immobili rendendone più difficoltosa
la vendita.
Eppure la soluzione del problema è a portata di mano,
sarebbe sufficiente trasformare il finanziamento in un indennizzo irrevocabile
od un vero e proprio contributo a fondo perduto.
In pratica: mentre tutti i protagonisti di questa
operazione si garantiscono da eventuali, future brutte sorprese, al terremotato
viene richiesto un atto di fiducia.
Voi vi fidereste?
Insomma, noi vorremmo, anzi Vogliamo, che la
ricostruzione venga progettata e realizzata anche con il nostro fattivo
contributo e che questa ricostruzione ci restituisca un territorio non com'era
prima del sisma, ma , se possibile, migliore, con case più sicure, centri
storici più attraenti e una rete di infrastrutture più efficace in modo portare
realmente questa parte di Paese nel futuro e da tornare ad essere veramente una
parte trainante per il nostro Stato. "
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