Siamo quasi giunti alla triste
vigilia del 1° anniversario dal sisma che ha sconquassato la Bassa emiliana,
eppure persistono ancora molteplici difficoltà che minano od ostacolano
l’accesso ai contributi.
E’ persino complicato ottenere dati ufficiali visto che la
Regione li pubblica, parzialmente, quindi per fare il punto occorre attingere a
fonti ufficiose:
Descrizione
|
B-C
|
E0
|
E1,
2, 3
|
Totali
|
Edifici
|
6.052
|
7.930
|
13.982
|
|
Unità abitative
|
18.254
|
9.646
|
27.900
|
|
Pratiche in lavorazione
|
1.076
|
211
|
193
|
1.480
|
Domande accettate
|
433
|
71
|
31
|
535
|
Cambiali emesse
|
436
|
43
|
5
|
484
|
Totale pratiche
|
1.945
|
325
|
229
|
2.499
|
Contributi concessi
|
21.658.149
|
n.d.
|
n.d.
|
n.d.
|
Contributi in pagamento
|
7.142.314
|
n.d.
|
n.d.
|
n.d.
|
Fondi disponibili
|
700.000.000
|
800.000.000
|
900.000.000
|
2.400.000.000
|
Le imponenti
complicazioni burocratiche poste a presidio della trasparenza e legalità
nell’utilizzo dei contributi pubblici, di certo non facilitano la presentazione
delle domande, ma i veri ostacoli sono altri e preoccupano soprattutto quelli
della fase esecutiva.
L’imbuto che si creerà nelle
procedure di verifica delle domande rischia di impedire ad uffici comunali
sottodimensionati di rispettare il termine di 60 giorni per l’esame delle
medesime, ma la principale incognita è costituita dalle spese che effettivamente saranno
ammesse a contributo. Purtroppo è
assai probabile che non tutto ciò che il progettista ha previsto possa essere
finanziato, costringendo il terremotato a ricorre ai propri risparmi (o ad un
prestito bancario) per effettuare quella parte di lavori che non beneficerà del
contributo.
Un ulteriore problema è legato al DURC, ossia al certificato di regolarità contributiva che le
imprese esecutrici debbo possedere al momento del pagamento. Senza tale certificato
non è possibile erogare il contributo al raggiungimento dei previsti stati
d’avanzamento lavori. Paradossalmente se l’impresa ha effettuato lavori per
200.000 euro, ma non ha versato contributi INPS per 10.000 euro non può
ottenere il pagamento. Sebbene dalla Regione giungano rassicurazioni
sull’applicazione della norma con una certa elasticità, il rischio è comunque
quello di incappare in funzionari eccessivamente rigidi (d’altronde perché
dovrebbero prendersi la responsabilità di autorizzare pagamenti, quando le
norme lo vietano?) con la conseguenza di fermare i lavori, perché non ottenendo
il saldo, l’impresa, a sua volta, non sarà in grado di pagare né i propri
dipendenti né i fornitori, il sistema finanziario dell’impresa entra in crisi
ed il cantiere si blocca automaticamente.
Per evitare questo problema ed alimentare il processo di
ricostruzione avevamo proposto di:
-
mensilizzare il pagamento dei
contributi con
una semplice attestazione del direttore dei lavori, effettuando i necessari
conguagli al raggiungimento dei 4 (solo 2 per le B e C) stati d’avanzamento
lavori previsti dalle ordinanze;
-
pagare
alle imprese i lavori eseguiti trattenendo le somme dovute all’INPS.
Nell’esempio precedente ci sembrava opportuno saldare all’impresa 190.000 euro,
permettendole di pagare materiali di costruzione e dipendenti, versando i 10.000 euro di differenza direttamente all’INPS.
La suddetta proposta di semplificazione purtroppo non è
stata accolta. Il Commissario ha preferito introdurre la possibilità per
l’impresa (non è stato prevista la possibilità di rimborsare al terremotato che
avesse già anticipato di tasca propria parte delle spese quali: le opere di
messa in sicurezza e/o la progettazione) di ottenere un anticipo pari al 15%
dei lavori ammessi a contributo, a fronte però della presentazione di una
garanzia costituita da una fideiussione bancaria o assicurativa. Si tratta
purtroppo di una richiesta che spesso comporta la necessità di lasciare in deposito alla banca l’anticipo
ottenuto a garanzia della fideiussione che la banca stessa ha rilasciato
alla Regione. In altre parole un cane che si morde la coda e l’anticipo che
dovrebbe essere utilizzato per finanziare i primi lavori, rimane bloccato su un
deposito vincolato.
In questo modo fa capolino un ulteriore problema che rischia
di far perdere il sonno.
Ci spieghiamo con un altro esempio: supponiamo che per una E
pesante siano ammessi lavori per 500.000 euro e che occorrano 10 mesi per
completare la ristrutturazione. Mensilizzando il contributo tutti i mesi
l’impresa esecutrice potrebbe ricevere 50.000 euro coi quali saldare fornitori,
dipendenti, contributi e ritenute fiscali. L’ordinanza per le E pesanti n°
86/2012, all’art. 8, prevede invece il pagamento al raggiungimento dei seguenti
stati avanzamento:
Stato
avanzamento
|
Mesi
trascorsi
|
Mesi
Comune e banca
|
Mesi
trascorsi prima del pagamento
|
Importo
lavori
|
15%
|
1,5
|
1
|
2,5
|
75.000
|
25%
|
2,5
|
1
|
3,5
|
125.000
|
30%
|
3
|
1
|
4
|
150.000
|
30%
|
3
|
1
|
4
|
150.000
|
100%
|
10
|
500.000
|
Nella tabella che precede, per raggiungere il 1° stato
avanzamento lavori, l’impresa deve lavorare per un mese e mezzo, poi deve
attendere almeno un altro mese per consentire al Comune di verificare il
computo ed autorizzare la banca al pagamento. Prima quindi che l’impresa possa
essere pagata trascorrono almeno due mesi e mezzo; tre e mezzo sul 2° stato
avanzamento e quattro per il penultimo e l’ultimo. Sappiamo tutti che, a causa
della crisi, le imprese edili già prima del terremoto si barcamenavano per cui
risulta difficile immaginare che finanziariamente possano lavorare per tanti
mesi senza vedere il becco d’un quattrino e contemporaneamente pagare
regolarmente fornitori, dipendenti e contributi.
Per comprendere il problema a cui facciamo riferimento
occorre dunque soffermarsi sul rapporto che si instaura con l’impresa
esecutrice. Il committente è il terremotato, non è la Regione, quindi è il
primo ad assumere l’impegno di saldare i lavori eseguiti dall’impresa e
normalmente provvederà con i contributi messi a disposizione dallo Stato. Se però
l’impresa non ha il DURC in ordine e la banca non potrà quindi provvedere al
pagamento degli stati di avanzamento, questo non impedirà all’impresa di
rivalersi sul terremotato che è il vero obbligato, essendo colui che ha
commissionato la ristrutturazione confidando nell’erogazione dei contributi
statali, senza i quali difficilmente potrà farlo.
Ecco perché, a maggior ragione, occorre mensilizzare
l’erogazione dei contributi affinché le imprese siano pagate alla fine di ogni
mese (sarebbe sufficiente una semplice dichiarazione del direttore dei lavori
che attesti al Comune l’esecuzione dei lavori previsti in quel mese – i
conguagli si faranno invece al raggiungimento dei 4 stati d’avanzamento) e non
si creino problemi sul fronte versamento dei contributi INPS e soprattutto il
terremotato non corra il rischio di essere chiamato a pagare lavori che ha
commissionato senza avere il denaro per farlo.
Purtroppo vi sono ancora altre problematiche in attesa di
soluzione. Eccone alcune:
a) occorre inoltre introdurre una
specifica moratoria a favore di chi
aveva mutui in corso, perché
difficilmente al termine del periodo di sospensione vi sarà chi ha la
possibilità di riprendere i pagamenti. Sullo stesso piano si colloca chi non ha
potuto beneficiare del mutuo per il pagamento dilazionato di imposte e
contributi. Trascurando il fatto che in Abruzzo è stato concesso di pagare solo
il 40% delle imposte dovuto in 120 rate mensili, il mutuo a cui possono
accedere gli emiliani è condizionato alla duplice condizione di aver subito un
danno diretto e non aver recuperato piena capacità produttiva, oppure
dimostrando di aver subito almeno 2 delle seguenti condizioni: una riduzione
del volume d’affari o dei consumi o dei costi variabili od aver fatto ricorso
alla cassa integrazione.
Non vi dovrebbero essere tali
condizioni ed a chiunque deve essere concesso di rateizzare le imposte dovute
introducendo un’apposita sanatoria
che rimuova l’applicazione di sanzioni a danno di chi ha commesso errori
formali e non ha potuto pagare le imposte, ritenute e contributi nei termini di
legge. E’ già infatti capitato che INPS ed INAIL stiano contestando e
sanzionando l’omesso versamento dei contributi a chi aveva sospeso il
versamento, ma non lo aveva comunicato con un’apposita procedura che le norme
non prevedevano. L’art. 8 del DL 74/2012 infatti disponeva semplicemente: “[…] sono altresì sospesi fino al 30
novembre 2012: 1) i termini relativi agli adempimenti ed ai versamenti dei contributi previdenziali e
assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria; […]”
Anche Equitalia e l’Agenzia delle Entrate hanno
chiesto il pagamento in unica soluzione delle rate sospese nel periodo
post-sisma, in alcuni casi col rischio di revoca del piano di rateizzazione in
corso al momento del sisma. In pratica nessuno sconto viene concesso al
terremotato che è costretto a fare i salti mortali per trovare il denaro
necessario a pagare le tasse ed a puntellare le case.
Su questo punto pare che il Governo
Monti poco prima di uscire di scena abbia approvato il decreto legge 43 del
26/04/2013, ma al momento in cui è stato chiuso in redazione il presente
articolo, il testo del decreto non era ancora disponibile.
b) è necessario rimuovere il merito creditizio (le norme bancarie
non lo consentirebbero, ma si potrebbe aggirare l’ostacolo concedendo una
garanzia statale come è stato fatto per il mutuo concesso per dilazionare il
pagamento delle imposte) per
permettere a chiunque di accedere al prestito bancario (anche in presenza di un
precedente mutuo ipotecario) allo scopo di provvedere al pagamento delle spese
di ristrutturazione che non saranno ritenute ammissibili;
c) si sente inoltre la necessità di
agevolare la ripresa economica consentendo di poter beneficiare di una
riduzione delle imposte nei limiti del cosiddetto regime de minimis. Si
tratta di aiuti di Stato noti con svariate denominazioni (no tax area, zona franca urbana o fiscalità di vantaggio)
accomunate dal consentire agevolazioni fiscali alle piccole e medie imprese
(nel linguaggio comunitario per imprese si intendono anche i liberi
professionisti) nel limite massimo di 200.000 euro in un periodo di 3 anni. Per
molte piccole imprese è certamente un importo sufficiente a permettere di
guardare al futuro con maggiori speranze di poter superare un periodo lavorativo
estremamente critico. Tale agevolazione, contrariamente a quanto si dice, non
necessita di alcuna preventiva autorizzazione della CEE in quanto è già
permessa dai trattati istitutivi, si tratta infatti di aiuti giudicati non
lesivi della libera concorrenza fra le imprese operanti nel mercato europeo.
d) Infine occorre ridurre i valori
catastali sui quali una volta ripristinata l’agibilità degli immobili si
tornerà ad applicare l’IMU. Si tratta, per equità, di adeguare
l’imponibile al deprezzamento subito dagli immobili siti nella zona del
cratere.
di Alessandro Bergonzini
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