Riproponiamo
nuovamente la questione ABI-CDP che è
riassumibile come segue:
Com'è
noto l'erogazione del contributo è attuata sulla base dell'accordo
ABI-Cassa Depositi Prestiti (il link http://portalecdp.cassaddpp.it/content/groups/public/documents/ace_documenti/012039.pdf) con lo schema seguente:
CDP eroga
finanziamenti alle banche fino al raggiungimento del plafond di 6 miliardi, le
banche con tale provvista erogano a loro volta finanziamenti ai terremotati i
quali li utilizzano per saldare le imprese edili.
Una volta
saldati i lavori di ripristino degli edifici, iniziano i piani di ammortamento
dei finanziamenti che, per importi oltre 20.000 euro, hanno una durata
di 24 anni e 6 mesi. Il pagamento delle rate del mutuo avviene tramite un
credito d'imposta (che è il vero contributo). In pratica il terremotato paga la
rata del suo mutuo cedendo alla banca un credito d'imposta di importo pari alla
rata. La banca utilizzerà tale credito compensandolo con propri debiti
tributari/contributivi. La somma che la banca avrà risparmiato tramite questo
credito sarà utilizzata per rimborsare il mutuo che la banca, a sua volta,
ha contratto con Cassa Depositi e Prestiti. Al termine dei 25 anni Cassa
Depositi e Prestiti avrà recuperato i 6 mld che ha messo a disposizione, lo
Stato correlativamente avrà avuto minori entrate tributarie per pari
importo, avendo concesso corrispondenti crediti d'imposta. Nella
formazione del bilancio dello Stato, da qui a 25 anni, si dovrà quindi
tenere conto di tali minori entrate che sono previste per un importo massimo di
450 milioni annui.
Ciò premesso,
se tutto si svolge come previsto il cerchio si chiude, ma evidentemente chi ha
stilato l'accordo ABI-CDP ha previsto anche che il cerchio possa non chiudersi e le conseguenze per il
terremotato non sono accettabili.
Invitiamo
quindi a prendere visione degli artt. 3.2.2 (pag. 60 dell'allegato ABI-CDP),
11.2.1 (pag. 66 dell'allegato ABI-CDP), 14.1 e 14.2 (pag. 68 dell'allegato
ABI-CDP) del contratto di finanziamento fra Banca e terremotato.
Il primo
articolo prevede che se, nel corso dei lavori di riparazione degli edifici, si
esaurisse il plafond dei 6 mld, la banca può non erogare il mutuo (pare
un'ipotesi remota, ma se si verifica, il terremotato essendo il diretto
committente dei lavori si troverebbe comunque obbligato a saldare i medesimi
all'impresa edile e quindi dovrebbe cautelarsi nel contratto con quest'ultima
prevedendo che sarà pagata se, e solo se, il terremotato riceve i soldi dalla
banca. Dubito che vi siano molte imprese edili disposte a correre il rischio),
il 2° prevede che se, nell'arco dei 25 anni, cambiano le norme o i regolamenti
il mutuo può essere revocato ed il terremotato o i suoi eredi o aventi causa
debbono rimborsarlo alla banca. Questa ipotesi è già meno remota perché se da
qui a 25 anni lo Stato (e qui non c'é garanzia d'intangibilità che tenga,
perché il Parlamento può cambiare le proprie norme tutte le volte che vuole) si
trovasse a non avere i fondi per finanziare annualmente i 450 mln che servono
ad ammortizzare le minori entrate dovute al credito d'imposta di cui
beneficiano le banche per rimborsare il mutuo, le banche non potrebbero
utilizzare detto credito d'imposta a pagamento delle rate del mutuo alla
CDP e quindi si troveranno a dover chiedere al terremotato il rimborso di
quanto residua.
Gli ultimi 2
sono un crescendo: solidarietà e indivisibilità per i successori ed aventi
causa a qualunque titolo che "saranno
tutti soggetti ai mezzi di esecuzione previsti dalla legge"
(una chicca!). Quindi chiunque eredita da un terremotato subentra nel debito,
come pure chi compra la casa di un terremotato, risponde in solido col
venditore il quale, a sua volta, rimane vincolato con l'acquirente (un
vincolo peggiore di un'ipoteca che normalmente si può cancellare e,
soprattutto, che non rimane in capo a chi vende). E' prevedibile che con tale
spada di Damocle, nessuno sarà disposto ad acquistare immobili da un terremotato.
Vi è quindi
un'ulteriore considerazione che va in senso conforme all'affermazione del
Presidente Errani: "Il contratto di finanziamento è
assicurato dallo Stato" (rilasciata durante la
recente visita del Presidente Letta):
nel 1° comma, ultimo periodo, dell'art. 3-bis del DL 95/2012 (allegato) è
previsto che il finanziamento sia garantito dallo Stato.
Tale garanzia pare
però (che sia solo questione di interpretazione?) sia prestata solo a
favore della Cassa Depositi e Prestiti (che è posseduta dallo Stato all'80,1%,
in altri termini, lo Stato garantisce sé stesso), infatti l'art. 6.6 (pagina 28
dell'allegato ABI-CDP) che regola il finanziamento fra CDP e Banca prevede che
qualora la banca non rimborsi il mutuo alla CDP, quest'ultima possa escutere la
garanzia dello Stato, il quale potrà rivalersi sulla banca che "resterà soggetta all'azione dello
Stato, che potrà intraprendere qualsiasi iniziativa per il recupero del suo
credito". Ovviamente la banca farà altrettanto col terremotato
(con le modalità sopra illustrate). Terremotato e banca,
apparentemente, non godono quindi di alcuna garanzia dello Stato (e questa
conclusione va in senso opposto alla norma citata, ma anche a quanto
affermato dal Presidente Errani).
La speranza è
di aver mal interpretato i contratti, ma in ogni caso, se partiamo dal
presupposto che il contributo è concesso "a fondo perduto" e/o
che il finanziamento beneficia della garanzia dello Stato, clausole come quelle
che ho citato dovrebbero esulare dal rapporto col terremotato che dovrebbe
essere totalmente indenne da conseguenze ed estraneo alle modalità
con cui lo Stato rimborsa Cassa Depositi e Prestiti.
Nessun commento:
Posta un commento