Stamattina (19 giugno) s'è tenuto a Modena un incontro (convegno o workshop, chiamatelo come credete faccia più figo) sulle problematiche poste dal sisma del maggio 2012 che, di fatto, per le specificità del territorio coinvolto, è considerabile come il primo terremoto industriale italiano.
I relatori erano ordinari di diritto costituzionale, diritto amministrativo, diritto tributario ( insomma, non esattamente gli ultimi arrivati) e in sala, peraltro non stracolma, c'era gente venuta da Mantova, cioè anche al di fuori dei nostri normali ambiti di contatti.
Si è discusso di come potrebbe essere impostata quella legge sulle calamità naturali che oggi, a parole, tutti i politici reclamano a gran voce; e di come sia necessario approntarla non sotto la spinta emergenziale ma avendo tempo per valutare serenamente i provvedimenti, per ridurre al minimo le incongruenze e gli errori che, poi, ricadrebbero sulle spalle dei cittadini.
Si è parlato di quali canoni potrebbero governare l'erogazione del credito, quali potrebbero essere gli interventi fiscali, congrui e legittimi, per le aree danneggiate da calamità naturali e come potrebbe essere impostato un eventuale regime assicurativo degli immobili che risulti realistico ed attuabile (per intenderci, nulla a che vedere con quello proposto due anni fa da Monti).
Insomma: tutte cose che non riguardano i nostri territori.
E, infatti, in sala c'erano solo un paio di assessori dell'area del cratere a rappresentare la categoria dei politici (cioè quelli che la legge dovrebbero scriverla e applicarla “on field”).
Evidentemente ritengono di esser nati già “imparati” e di poter fare a meno di opinioni, pure autorevoli, differenti.
Il risultato di questa spocchia si legge nei numeri della non-ricostruzione.
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