lunedì 27 maggio 2013

RIVOGLIAMO IL NOSTRO FUTURO



Giovedì 23 u.s. tutte le Associazioni di Categoria, ad eccezione di Confindustria, si sono trovate a Mirandola per fare il punto ad un anno dal sisma. Era presente anche una rappresentanza dei Comitati Popolari, anche perché condividiamo con le Associazioni  praticamente tutta la parte fiscale delle nostre richieste. Ma non siamo saliti sulla pedana.
Sgombriamo il campo da polemiche: non c'è stato impedito di parlare e noi non ne abbiamo fatto richiesta; semplicemente riconosciamo il diritto ad ognuno di esprimersi come meglio crede ma, dopo dodici mesi, quel clima tutto fiori, cuoricini e palloncini ci va un po' stretto e, in quel contesto, la nostra voce è stata giudicata essere un po' troppo fuori dal coro.
Comunque, per chi fosse curioso di sapere cosa avremmo detto riportiamo, di seguito, quello che sarebbe stato il nostro (eventuale) intervento.

"Ringraziamo le associazioni di categoria per l’invito a partecipare e ci sentiamo di poter dire di condividere totalmente il titolo in quanto anche noi, nei vari comitati, abbiamo più volte espresso questa esigenza e questo concetto. RIVOGLIAMO IL NOSTRO FUTURO.
Diciamo questo non per retorica ma perché non vogliamo che una calamità naturale o delle risposte inadeguate disperdano, di colpo, i risultati e le conquiste di tante donne e uomini che, in questa area avevano costruito, col loro lavoro, le condizioni per un avvenire migliore.
Sappiamo che non è stato facile costruire quasi dal nulla, e in assenza di una specifica legge nazionale, l'impianto normativo che si occupasse della ricostruzione, ma riteniamo sbagliato aver impostato questo impianto considerando gli emiliani dei potenziali truffatori che, senza un controllo ed una burocrazia feroce, avrebbero basato sulla frode la ricostruzione delle loro case e delle loro imprese.
E' offensivo nei confronti degli abitanti di una delle regioni a più alta fedeltà fiscale.
E se questo atteggiamento potevamo aspettarcelo da un Governo, come il Governo Monti, che ha trattato questo terremoto come un fatto meramente ragionieristico, arrivando al punto che uno dei propri rappresentanti potesse affermare che il terremoto in Emilia “fosse un lusso che non potevamo permetterci”, ci saremmo aspettati una maggiore fermezza, anche pubblica, nella difesa dei nostri diritti da parte dei nostri amministratori.

Ora, nel momento in cui bisognerà decidere dei futuri assetti del territorio vorremmo che le osservazioni dei cittadini fossero considerate come un contributo, prezioso, col quale confrontarsi e non una critica da negare pregiudizialmente e, partendo da questo concetto, tutti i Comitati Popolari sorti dopo il terremoto hanno collaborato a preparare un documento in 17 punti che riteniamo essere fondamentali per la ripartenza del nostro territorio e che riguardano la fiscalità , la salvaguardia del territorio (assolutamente urgente vista anche la situazione precaria dei nostri fiumi e del nostro Appennino), l'impianto normativo alla base della ricostruzione, che riteniamo necessiti di una robusta semplificazione, e delle non più rimandabili azioni in campo sociale viste le condizioni di difficoltà , provocate dal sisma, che si sono aggiunte a quelle già complesse in cui versa tutto il Paese.
Questo documento è già stato sottoposto alla Regione e, in questi giorni, abbiamo lanciato una raccolta di firme per supportarlo in maniera più evidente e concreta.

Vorremmo che i nostri amministratori la smettessero di raccontarci che va tutto bene, che non dobbiamo preoccuparci perché la ricostruzione procede speditamente e che le problematiche e gli intoppi che sottoponiamo alla loro attenzione sono solo delle eccezioni
- Come nel caso delle multe per il mancato pagamento dell’IRAP arrivate con una velocità veramente notevole. Ci viene promesso che saranno sospese, ma ad oggi non vi è nulla di ufficiale. Voglio qui ricordare con forza che gli Emiliani non hanno pagato per sciopero fiscale, non hanno pagato perché non hanno più i soldi.
- O come l’assenza di adeguate misure di sostegno al reddito sia per coloro che hanno perso il lavoro per causa diretta o indiretta del sisma che per chiunque non è assistito da ammortizzatori sociali, sia esso lavoratore dipendente, imprenditore, professionista, commerciante o artigiano. E’ l’unico mezzo per garantire una quotidianità dignitosa e una ripresa efficace delle attività dopo un’interruzione forzata.
- O come per il vergognoso contratto di finanziamento che il terremotato è costretto a firmare con la propria Banca per ottenere i contributi. Si tratta di un vero e proprio mutuo venticinquennale che verrà rimborsato tramite la cessione del credito d’imposta alla Banca, ma che dovrà essere immediatamente rimborsato dal terremotato se nei 25 anni cambieranno le norme od i regolamenti che hanno permesso di usufruire di detto credito d’imposta. Una spada di Damocle che si trasferisce automaticamente agli eventuali eredi od a chi volesse acquistare la casa, in solido ed in modo indivisibile, vincolando sia il venditore che l’acquirente. Di fatto si tratta di un onere peggiore di un’ipoteca perché non lo si potrà cancellare e che mortificherà ulteriormente il valore degli immobili rendendone più difficoltosa la vendita.
Eppure la soluzione del problema è a portata di mano, sarebbe sufficiente trasformare il finanziamento in un indennizzo irrevocabile od un vero e proprio contributo a fondo perduto.
In pratica: mentre tutti i protagonisti di questa operazione si garantiscono da eventuali, future brutte sorprese, al terremotato viene richiesto un atto di fiducia.
Voi vi fidereste?

Insomma, noi vorremmo, anzi Vogliamo, che la ricostruzione venga progettata e realizzata anche con il nostro fattivo contributo e che questa ricostruzione ci restituisca un territorio non com'era prima del sisma, ma , se possibile, migliore, con case più sicure, centri storici più attraenti e una rete di infrastrutture più efficace in modo portare realmente questa parte di Paese nel futuro e da tornare ad essere veramente una parte trainante per il nostro Stato. "

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