mercoledì 5 dicembre 2012

TASSE: IL CONTRIBUTO DI AUTOSOLIDARIETA'



Le conseguenze per chi ha perso tutto e non potrà pagare le tasse
Il contributo di autosolidarietà

L’unica agevolazione che il Governo ha concesso ai terremotati per consentire il pagamento differito delle imposte, è quella che consente di richiedere un prestito bancario col quale adempiere all’obbligo di versare i tributi entro il 17 dicembre.
Per ottenere tale beneficio, contemplato dal comma 7 dell’art. 11 del D.L. 174/2012 (inizialmente previsto solo per le imprese, poi esteso ad agricoltori, lavoratori autonomi e dipendenti dall’art. 1, 2° comma del DL 194/2012),  era necessario compilare un modulo predisposto dall’Agenzia delle Entrate, presentarlo entro il 30 novembre e, con quello, recarsi (sempre entro il 30 novembre) in banca per ottenere il predetto finanziamento, per mezzo del quale assolvere le imposte ed i contributi dovuti. Il terremotato avrà poi l’obbligo di rimborsare il tale prestito entro due anni, in caso contrario provvederà Equitalia a riscuotere le rate coattivamente (ossia ipotecando, pignorando, imponendo il fermo amministrativo ai veicoli, ecc.).
Per ottenere tale agevolazione era però necessario dichiarare (sotto minaccia di responsabilità penali per eventuali dichiarazioni mendaci) di possedere entrambi i seguenti requisiti:
1.     aver subito danni diretti che consentano di accedere ai contributi di cui all’art. 3[1] del DL 74/2012 o all’art. 3-bis[2] del DL 95/2012;
2.     che i suddetti danni (da comprovare con apposite perizie) sono stati di entità tale da condizionare ancora una ripresa piena dell’attività lavorativa[3].
Pertanto non aveva diritto a tale concessione chi:
Ø  ha subito solo danni indiretti (ossia dovuti a riduzioni del fatturato o degli incassi a causa di clienti terremotati in difficoltà, ecc.);
Ø  pur avendo subito danni diretti, ha potuto riprendere la piena attività produttiva.

Occorre quindi domandarsi cosa succederà a quei disgraziati che, dopo aver perso la casa od il lavoro od entrambi o hanno subito solo danni indiretti, hanno scelto di non contrarre un debito per pagare le imposte e non potranno permettersi di pagarle, perché hanno già contratto altri debiti od hanno dato fondo ai propri risparmi per superare le fasi più acute dell’emergenza.
La risposta è semplice: l’onnipresente Equitalia presenterà loro il conto chiedendo le imposte dovute, maggiorate con un aggio del 4,65% (il compenso previsto per l’esattore), le sanzioni al 30%, gli interessi legali al 2,5% su base annua e, per quanto riguarda i contributi INPS, con gli interessi di mora previsti dalle norme.
Infine al conto si aggiungeranno i diritti di notifica della cartella di pagamento.

Purtroppo vi è un’ulteriore conseguenza: chi non è in regola col versamento dei contributi INPS ed INAIL, non rispettando i requisiti di ammissibilità (allegato 1 all’ordinanza 57 del Commissario Errani), non potrà accedere ai benefici previsti per la ricostruzione degli immobili produttivi.

I possibili rimedi:

 

a) la rateizzazione

Quando l’Agenzia delle Entrate si accorgerà dell’omesso pagamento, invierà al contribuente un avviso bonario contestando la violazione e proponendo di effettuare il pagamento con una sanzione del 10% oltre gli interessi di mora. In tale contesto è possibile chiedere una rateizzazione (maggiorata di interessi) per importi fino a 5.000 euro in massimo 6 rate trimestrali, oltre 5.000 euro la rateizzazione può arrivare a 20 rate trimestrali.
Se non si accetta di pagare al ricevimento dell’avviso bonario, qualche mese dopo arriverà un cartella emessa da Equitalia, la conseguenza è che la sanzione dal 10% salirà al 30%.
In caso di temporanea obiettiva difficoltà (es.: carenza di liquidità; crisi aziendale; precaria situazione reddituale; ecc.) è comunque possibile ottenere da Equitalia una dilazione di pagamento fino ad un massimo di 72 rate mensili (l’importo minimo della rata è, salvo eccezioni, di 100 euro), maggiorate dei relativi interessi.

Per i contributi INPS non ancora gestiti da Equitalia è invece necessario rivolgere la richiesta di rateizzazione direttamente all’INPS, la quale può concedere una dilazione di 24 mesi estendibile a 36 mesi per le calamità naturali.


b) il ricorso

L’alternativa al pagamento (anche rateizzato) delle imposte (per i contributi la procedura è diversa) è costituita dal ricorso alla giustizia tributaria. In sostanza si tratta di predisporre un atto denominato “ricorso” col quale si contesta la pretesa del Fisco. Per importi fino a 2.582,28 euro è possibile presentare il ricorso autonomamente. Per importi superiori è necessario avvalersi di un difensore abilitato (commercialista o avvocato), ma i meno abbienti hanno diritto all’assistenza gratuita con spese a carico dello Stato.
Il ricorso deve essere adeguatamente motivato altrimenti verrà respinto dalla Commissione Tributaria, ossia l’organo competente per decidere.
Nel caso specifico si ritiene che i motivi possano essere desunti dalla nostra Carta Costituzionale.
Esistono infatti dei diritti acquisiti che nel nostro ordinamento giuridico sono quanto di più intangibile esista. E’ il caso, per esempio, di chi ha maturato un trattamento pensionistico estremamente generoso che non può essere ridimensionato nemmeno se il sistema non può permettersi di pagarlo.
Diritti acquisiti quindi che maturano in determinate circostanze a favore di chi si trova nelle medesime condizioni giuridiche.
Tutti i terremoti che hanno preceduto quello padano hanno beneficiato dell’integrale indennizzo da parte dello Stato nonché di sconti sulle imposte dovute. Da ultimo quello concesso per il sisma che ha devastato L’Aquila, con l’introduzione di una zona franca urbana (DM 26/06/2012) per 14 anni.
I medesimi diritti debbono essere riconosciuti ai danneggiati dal sisma padano e discendono dai seguenti articoli della Costituzione Italiana:
Ø  all’art. 3: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali;
Ø  all’art. 4, 2° comma, che “ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”;
Ø  all’art. 53 che “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”.

Naturalmente occorrerà dare dimostrazione di aver perso la capacità contributiva. Occorrerà spiegare ai giudici la situazione che ha causato la sopravvenuta impossibilità ad adempiere all’obbligazione tributaria, allegando al ricorso, per esempio: la situazione dei conti bancari; la riduzione del fatturato e/o del reddito; le spese sostenute per traslochi, noleggi, puntellamenti, ristrutturazioni (in altre parole la necessità di dirottare le disponibilità finanziaria per la tutela dei beni primari come la casa od il lavoro); la difficoltà a riprendere un’esistenza normale; ecc.
E’ comunque evidente che le popolazioni emiliane, lombarde e venete stiano ricevendo un trattamento ben diverso da quello riservato a situazioni analoghe. In primo luogo perché è stato loro imposto una sorta di contributo di autosolidarietà[4] (la quota del teorico 20% che è comunque a loro carico), inoltre perché non si è avuta la sensibilità di concedere ulteriori dilazioni nel pagamento dei tributi e contributi sospesi (con rischio di azzeramento delle buste paga di novembre) ed infine perché non si vuole prendere in considerazione la necessità di una fiscalità di vantaggio che consenta di superare l’emergenza.

Non occorre invocare lo sciopero fiscale. Fa sciopero chi ha qualcosa da dare, ma non lo dà per protesta contro ciò che ritiene sia un’ingiustizia. Qui la gente non ha più nulla da dare, chi ha perso la casa od il lavoro od entrambi, ha perso tutto e chi è in tale condizione non ha necessità di fare sciopero, ha solo bisogno di un aiuto per ricominciare da capo, ha almeno il diritto di sperarlo.
Dimostrare sensibilità verso questa gente è solo una questione di equità, solidarietà e giustizia.


[1] Danni ad immobili abitativi o produttivi, alle scorte od ai beni strumentali per l’esercizio dell’attività.
[2] I finanziamenti agevolati per i quali spetta il credito d’imposta per la riparazione dei danni alle abitazioni ed edifici produttivi.
[3] questo 2° requisito non è richiesto per i lavoratori dipendenti (per i quali è sufficiente avere l’abitazione principale in categoria B, C, D, E od F della classificazione AEDES), ma solo per gli imprenditori ed i lavoratori autonomi (vedi art. 1, 3° comma, ultima frase del DL 194/2012).
[4] Il contributo di solidarietà sui redditi dei magistrati e dei dirigenti pubblici (imposto dalla Legge finanziaria 2010) non ha superato il vaglio di costituzionalità (sentenza n° 223 dell’11/10/2011).

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